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Due anziani su tre hanno scompensi cardiaci: patologia sottovalutata

Cardiologia Redazione DottNet | 13/03/2019 17:35

La mortalità nello scompenso è molto alta: circa il 50% dei pazienti a distanza di 4-5 anni muore

 In Italia sono oltre 600 mila i pazienti con diagnosi di scompenso cardiaco, un numero che tocca quota 3 milioni se consideriamo le forme latenti e misconosciute. L' incidenza di scompenso cardiaco raddoppia per ogni decade di età dopo i 45 anni tanto che 2 anziani su 3 hanno problemi cardiaci. E' la fotografia scattata dagli esperti per il 14.esimo congresso di Cardiogeriatria, organizzato dalla Società italiana di Geriatria ospedale e territorio (Sigot) a Roma. "Lo scompenso cardiaco è una patologia sottovalutata - evidenziano gli specialisti - ma colpisce una persona su 6 e nel 50% dei casi può risultare fatale".

"Quando si parla di scompenso cardiaco si fa un gravissimo errore di calcolo - spiega Francesco Vetta, cardiologo-aritmologo presso le cliniche Paideia e Mater Dei di Roma - Si tratta di una malattia che non desta, erroneamente, particolare preoccupazione, e la si sottovaluta. Al contrario, la percezione che la popolazione ha verso il tumore e le sue varie forme è di gran lunga maggiore", sottolinea lo specialista. "Questo 'gap culturale' dipende dalla scarsa informazione a riguardo. Eppure la mortalità nello scompenso è molto più alta: circa il 50% dei pazienti con scompenso cardiaco, a distanza di 4-5 anni, muore". "Occorre prestare molta cautela in questo senso - afferma ancora Vetta - serve prevenire lo sviluppo dello scompenso cardiaco facendo attenzione al peso corporeo, al controllo dell' ipertensione, alla prevenzione e al trattamento della cardiopatia ischemica, così come è fondamentale un precoce riconoscimento dello stesso per il miglior trattamento possibile con modifiche dello stile di vita e mirate terapie farmacologiche ed eventualmente non farmacologiche con l' impiego anche di pacemakers specifici".

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La terapia farmacologica è andata via via migliorando - si legge in una nota - consentendo un incremento della sopravvivenza. "La terapia, però, migliora anche grazie alle terapie non farmacologiche, come l' impianto di defibrillatori e di pacemaker, utili per garantire una resincronizzazione ventricolare. Quando si verifica uno scompenso cardiaco, spesso la sequela di attivazione elettrica delle pareti ventricolari non è più coordinata come lo era prima. Utilizzando questi strumenti biventricolari, quindi, si possono stimolare tali pareti, aumentando la capacità contrattrile complessiva del cuore", sottolinea la Sigot.

"Occorre ricordare che chi soffre di scompenso cardiaco è particolarmente esposto al rischio di morte improvvisa, con percentuali superiori al 50% dei casi - aggiunge Francesco Vetta - Quindi un defibrillatore può interrompere queste aritmie ventricolari ove necessario, salvando la vita. Purtroppo, ancora adesso, l' accesso all' impiego di queste terapie non farmacologiche riguarda solo il 35-40% dei pazienti con tale indicazione. Questo è attribuibile ad un diffuso atteggiamento ageistico favorito dagli scarsi dati presenti in letteratura. Finalità di questo congresso - conclude - è anche quella di creare un percorso condiviso tra i vari specialisti, ribadendo la necessità di un 'heart team' con valutazioni plurispecialistiche per poter meglio disegnare il percorso di salute individuale del paziente, come in uso presso il nostro centro".

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